Nei miei laboratori di percussioni africane con i bambini, il mio primo obiettivo non è nè musicale nè “interculturale” ma di consapevolezza : la tensione è rivolta a far si che i bimbi si convincano che il metodo che propongo di seguire puó mettere ognuno di loro nelle condizioni di essere AUTONOMO; nella ricerca, nella verifica, nel superamento dell’ostacolo perchè AUTONOMO anche nella sua individuazione.
Si tratta ovviamente di un percorso che ha bisogno di tempo ed esercizio ma è la chiave (l’autonomia, non lo specifico metodo) per avere tra le mani la CAPACITÀ di IMPARARE. Le percussioni africane (nello specifico le percussioni “dell’orchestra malinkè”) sono semplici nella loro gamma espressiva (hanno dai due ai quattro suoni) ma (possono essere) estremamente complesse nel loro sviluppo ritmico (un po’ come le misure: 1 m = 10 dc = 100 cm etc. …La semplicità di un segmento è fatta di un numero infinito di punti).
…Poi c’è la tecnica : il tamburo “djembe” ha di base 4 suoni; la tecnica è fondamentale per la produzione chiara di questi suoni ed è una ricerca lunga non proponibile in un laboratorio scolastico se non attraverso la sua “tradizione” : la CONSAPEVOLEZZA!
Nello stesso punto del tamburo si trovano due suoni distinti (medio e acuto) : io VOGLIO sentire quel suono e lo faccio !
La tradizione ha, peró, la “particolarità” di vivere in un contesto decisamente influente sull’ “ABITUDINE A …” (da cui l’enorme errore e falsità insita nel luogo comune “ha la musica nel sangue”).
Quattro suoni: grave, medio, acuto, stoppato (si impedisce alla pelle -membrana- di vibrare).
Utilizzando le sillabe ed individuando le vocali come chiave di lettura, in una sorta di solfeggio, i suoni sono rispettivamente tradotti in : cum (o “pom”), pem, pam (o “pim”), cia (o “sa”).
A questo punto ho la consapevolezza di dove (fisicamente, sul tamburo) devo cercare i suoni, e la consapevolezza sonora del suono che devo “cercare” di produrre.
La musica, quindi, diventa prima di tutto una canzone, fatta di parole musicali (ma è divertente trovare parole con significato che sillabicamente rispettino la “melodia ritmica”) dove anche l’intonazione puó essere un elemento di aiuto (strategie di memoria) ma dove l’unico ostacolo vuole essere il rispetto del binario comune su cui fare scorrere il treno musicale : il tempo (il beat).
Sarà quindi la voce a guidare il corpo nella produzione musicale, insegnandoci automatismi e strategie per rendere semplici l’apprendimento e l’esecuzione di “frasi” via via più complesse (la musica diventa -e qui la cultura “Ovest Africana” entra a gamba tesa- una lingua da imparare passo passo, andando a cercare nella parole già imparate la chiave per capire i significati di parole nuove, o conoscere la sintassi per memorizzare una lunga sequenza di dialogo tra due tamburi… Dal metro al decimetro al centimetro alle somme o alle frazioni.
I miei laboratori hanno una durata che normalmente va dai 7 ai 10 incontri da un’ora ciascuno (poco per poter suonare uno strumento musicale mai visto prima!) e può succedere che lo spettacolino finale venga riproposto (live) in differita, qualche mese dopo la fine del percorso, alla festa di fine anno (senza incontri di prova generale con i tamburi, solo una “cantata prima dello show” ).
La consapevolezza di avere tra le mani la chiave (LA VOCE) per vivere positivamente uno spettacolo a mesi dall’ultima prova è come una splendida piuma di Dumbo (e come tanti piccoli Dumbo, lo spettacolo è il momento in cui la penna sfugge ma ci si rende conto che si riesce a volare comunque!)
Quest’anno ho avuto la possibilità di continuare a sperimentare la continuità (quarto anno) nel percorso con gli stessi bambini: li ho visti crescere (in prima il più grande ostacolo è motorio e di organizzazione del corpo…poi viene l’attenzione 🙂 ), osservato lo svilupparsi delle relazione e la formazione dei legami di gruppo (quanto è positivo il CLIMA della classe nel lavoro ???!!!) e quest’anno mi sento di dire che le mie richieste non erano per nulla differenti da come mi pongo nel corso settimanale per adulti !
Ho avuto la fortuna di avere come maestro (in Guinea nel 2001) un bimbo di 11 anni. Si chiamava “Petit” Mohamed, che purtroppo è morto due anni dopo… Oltre ad essere stato un vero insegnante, uno splendido bimbo e un prodigio musicale, mi ha insegnato che i bambini possono tutto ma devono AVERE DECISO! Bisogna che si accenda una scintilla e che l’insegnante (il maestro di Mohamed si chiama Yadi Camara, un formatore appassionato e innamorato del suo “lavoro”) sia sempre pronto a rianimare la scintilla o alimentare le fiamme… Non per interposta persona ma fornendo gli strumenti perchè possa essere sfamata la fame da legna da ardere (INSEGNARE AD IMPARARE)…
La scintilla puó generarsi solo se la decisione è spontanea, motivata… …CONSAPEVOLE.
Quando si prende una strada che nel tempo si riconosce come funzionale bisogna imparare a gestire la realtà per la quale su quella strada non si è soli…
Credo di avere una grande fortuna nel vivere la gioia del mio (nel senso “del mio piccolo”) essere insegnante, che è usare uno strumento didattico estremamente affascinante e coinvolgente (i tamburi) e l’aver raramente incontrato classi troppo eterogenee…Ma la vera fortuna sta nel tenere “come fari nella notte” le rare volte in cui ho avuto serie difficoltà “ad arrivare in fondo”, perchè mi hanno messo in crisi, e imposto di cercare altre strade…quelle strade cerco di riviverle, ripercorrerle, per poterle riconoscere (o ricordare che comunque ne esistono altre) se il mio comodo sentiero sul prato fosse nuovamente inagibile.
Insomma, ripensando alla mia scuola media sperimentale di fine (tre quarti) anni ’80 in cui si faceva (appunto) sperimentazione “interdisciplinare”, allacciandoci l’esame di antropologia teatrale in cui nello splendido libro “Larte segreta dell’attore” Eugenio Barba parla del passaggio fondamentale per l’attore “da APPRENDERE ad IMPARARE AD APPRENDERE, e Bruno D’Amore che parla di didattica come arte della chiarezza (attenzione alle abitudini che passano per regole!), i bambini ci insegnano che se diamo loro strumenti e materiali, hanno la capacità e la voglia di costruire da sè le chiavi con cui aprire le porte che man mano incontreranno sulle loro strade!
Questo è un video di ripasso (a casa o a scuola 🙂 )
Questo lo spettacolo con una classe quinta
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